venerdì 10 luglio 2009

Dice l'architetto Giommoni: Questa città si è diffusa troppo: Ricompattiamola ! Come, demolendo gli eccessi? NO! riempiendo di edifici ogni vuoto

SAN VINCENZO 2020
REVISIONE GENERALE
DEL PIANO STRUTTURALE
(Relazione del progettista - settembre 2009)
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Trascrizione letterale della relazione allegata al Piano
(i nostri commenti sono in corsivo celeste fra parentesi) ...................
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architetto Stefano Giommoni
6.2.2 Indirizzi preliminari per il territorio edificato, la necessità di opporsi alla rarefazione dell’edificato (questa insopportabile rarefazione ci preoccupa davvero tanto, opponiamoci strenuamente e combattiamola a fondo!) e la valorizzazione dei tessuti urbani.

... A questo proposito è necessario una prima valutazione sui risultati e sugli effetti delle previsioni del Piano Strutturale vigente.
E’ ancora in corso un fenomeno di trasformazione dei suoli agricoli immediatamente posti a ridosso della città che ne ha snaturato (chi l'ha permesso, caro architetto??) i caratteri propri della ruralità. Abbiamo assistito al proliferare di fenomeni edificatori (chi ha permesso che proliferassero come i funghi, caro architetto ??) che sempre più hanno prodotto la dilatazione del costruito, senza regole precise e programmate, (chi non ha fatto rispettare le regole, caro architetto, se lo è mai chiesto??) nella campagna.
Nella cultura urbanistica tale processo viene definito della "città diffusa" ed è contraddistinto dalla progressiva rarefazione del costruito nelle propaggini esterne al tessuto urbano consolidato. E’ un fenomeno che produce porzioni di territori di "frangia", nei quali risultano contraffatti (chi sono i falsari?, ce lo dica architetto) le componenti tipiche del paesaggio rurale senza che vengano definitivamente introdotti i caratteri e i valori dell’identità urbana.
La disciplina del Piano Strutturale del 1998, favorita anche dalla allora vigente legislazione regionale sui suoli agricoli ha prodotto una incerta e casuale espansione dell’edificato,
(chi era all'epoca l'assessore all'urbanistica, caro architetto?, perché non lo dice??) in particolare lungo la viabilità principale. La vecchia strada Aurelia alle porte della città e la strada di San Bartolo che conduce all’abitato di San Carlo. Siamo dell’avviso che l’obiettivo principale del nuovo Piano Strutturale sia quello di ripristinare regole di trasformazione del territorio (chi le aveva abolite queste regole??)
distinte e separate tra il territorio edificato e quello aperto.
Al modello della "città diffusa" vogliamo sostituire quello della "città compatta"
(è un modello che piace assai anche ai palazzinari, vero architetto??) nella quale la percezione della discontinuità tra l’ambito urbano e quello rurale, sia sotto il profilo fisico che funzionale sia immediata e netta.

(Ora saranno sostituite da un muro compatto di edifici. E' il progresso, bellezza!) Il nuovo Piano Strutturale, riallineato alle scelte del Circondario della val di Cornia, avrà il compito di progettare il tracciato virtuale delle mura di San Vincenzo (rivaleggeranno con quelle di Lucca??) affinché si arrivi ad una riorganizzazione del territorio secondo la valorizzazione delle diverse identità urbane e rurali. Senza intrusione di componenti diverse fra loro e senza quella confusione di ruoli, generatrice di degrado e disordine morfologico. (Basta con questa confusione di ruoli e con questo disordine morfologico. Ricompattiamo tutto senza pietà!!)
Ovviamente, quella del ridisegno delle mura urbane è solo una evocazione progettuale (ci mancherebbe altro) che serve a rendere esplicito il concetto del modello territoriale al quale il nuovo Piano Strutturale dovrà tendere, e insieme a definire le azioni di governo del territorio considerate prioritarie. Innanzitutto quelle volte alla riorganizzazione dei territori di frangia, al recupero dei valori identitari degli stessi o alla introduzione di nuovi valori (e più che altro di nuovi edifici, diciamocelo, caro architetto) mediante:
La ricompattazione e la riconnessione dei tessuti di margine attraverso una specifica gerarchia formale e funzionale di valori urbani
(non era più onesto farsi capire anche dal popolo e dire: attraverso la saturazione degli spazi non edificati?);
Il mantenimento, il restauro, la reintroduzione degli elementi di valore dell’identità rurale laddove possibile. (
purtroppo ormai non c'è rimasto quasi più niente, vero architetto?)La filosofia della riorganizzazione e della definizione del perimetro della "città" non può, però, certamente prescindere (che dio ce ne guardi!!!) da un più generale ragionamento sulla valorizzazione dei tessuti urbani consolidati, e che nel tempo hanno segnato le varie fasi di crescita ed evoluzione del territorio urbano. In primo luogo attraverso la valorizzazione anche degli spazi del verde urbano, che in una logica della ricompattazione del tessuto edilizio, non solo non dovranno essere oggetto di indiscriminata (se però è discriminata, allora sarà possibile costruire anche il verde. Basta che non sia troppo indiscriminata, vero architetto?) occupazione edilizia, ma dovranno, viceversa essere valorizzati (vocabolo pericoloso) con la loro riorganizzazione funzionale in un sistema complessivo di luoghi pubblici e di relazione.
Nello specifico, insieme alla progettazione del nuovo, invalicabile, perimetro murario della "città" che la distingua e la separi dal
(selvaggio)
"contado", tra gli indirizzi preliminari da perseguire per la riorganizzazione funzionale dell’intero sistema insediativo pensiamo sia necessario approfondire gli aspetti legati ai seguenti temi:
Il mantenimento, la valorizzazione e la esaltazione dei tessuti
(non ci esaltiamo troppo, caro architetto!) e dei luoghi che presentano una specifica identità e che contribuiscono alla connotazione dei caratteri urbani della città.

architetto Giommoni
Nel modello storico erano le mura di difesa dell’abitato e le porte di ingresso allo stesso che costituivano il limite fisico tra la città e la campagna.
Tra questi sicuramente la maglia insediativa ordinata e ortogonale del paese nuovo, il tratto urbano della via della Principessa e i tessuti ad essa adiacenti, il viale Serristori e la "scacchiera" che si attesta su di esso, il quartiere di Shangai.
E soprattutto la tutela di quelle parti di edificato che hanno, tutt’oggi, un "linguaggio" formale architettonico meritevole di essere conservato e che in qualche modo forniscono pregio e valore all’intera città.
E’ per questo motivo che uno degli obiettivi che il nuovo Piano dovrà assumere è sicuramente quello della
conservazione dell’attuale profilo edilizio visibile dal mare (tutti quei bei palazzoni di sette otto piani sulla spiaggia sono proprio un bel profilo meritevole di conservazione. Per sicurezza gli notificherei il vincolo monumentale), e dei caratteri tipologici e architettonici propri dei villini liberty che "segnano" il cuore (ormai quattro o cinque fabbricati su cento) dell’abitato costiero.

Riconnotazione (alias ricompattazione con ampliamenti e soprelevazioni?) di quelle parti di tessuto, spesso di recente formazione, anonime e prive di identità, che si configurano più come appendici che non come parti qualificate di città.
L’obiettivo è quello del raggiungimento, in ogni parte, del tessuto cittadino di una qualità urbana e insediativa in grado di relazionarsi con il resto del contesto, senza che viceversa vi possano essere quartieri identificabile come periferia.
(Qualcuno si chiede: come si può relazionare le appendici col tessuto del contesto? E' dura, ma un sistema c'è: compattare dugnibendidio. Vedrai dopo che relazionamento di appendici contestuali!!!).....
arch. Stefano Giommoni


1 commento:

  1. Caro architetto Giommoni,
    Va bene che i concetti urbanistici possono essere talvolta complessi e articolati, ma l'impressione è che l "urbanistichese" sia diventato ormai un modo di esprimersi il cui principale scopo è quello di mascherare con frasi e termini, difficili, complessi, intricati, articolati, oscuri, contorti, macchinosi, astrusi, enigmatici e fumosi, quello che alla fine è l'unico vero scopo di tutto il discorso: giustificare ulteriori previsioni edificatorie o comunque di consumo o di manomissione del territorio, anche in luoghi ormai ipercostruiti e iperaffollati (come il Comune di San Vincenzo) o in luoghi che qualsiasi cittadino buon padre di famiglia, se avesse voce in capitolo, vorrebbe lasciare assolutamente intatti per i propri figli e per le future generazioni (come Rimigliano).

    D'altronde basta leggere la relazione di cui sopra per rendersi conto della beata vacuità dei concetti urbanistici inventati dagli architetti e subito raccolti dai politici, per trovare il modo di far costruire anche in posti dove ormai i cittadini debbono combattere per alcuni mesi all'anno con una vera e propria claustrofobia da iperaffollamento.
    E poi tutti (progettista e politici) a dire: il vigente Piano Strutturale è stato un disastro, gestito in modo disastroso. Ha diffuso la città senza criterio e senza senso.

    Ma chi è che si accorge di questa verità infelice ma incontestabile? E' proprio chi ha espresso tutti i sindaci e tutte le giunte degli ultimi decenni e chi ha incaricato e indirizzato tutti gli urbanisti-pianificatori che hanno redatto i piani regolatori di San Vincenzo. Sono cioè le stesse persone che hanno pianificato, incoraggiato e permesso il disastro urbanistico di cui ora, cadendo improvvisamente dalle nuvole, si sono accorti.

    E allora che fanno? Fanno ammenda e pronunziano un mea culpa? Noooo!Prendono atto tranquillamente che il disastro ormai è successo (fenomeno naturale?) e per rimediare cosa s'inventano? Trasformare questa schifezza di "Città diffusa" in una meravigliosa "Città compatta". In italiano: costruire a tutto spiano anche in tutti quegli spazi cittadini e periferici rimasti miracolosamente a verde.

    In altre parole. Siamo consapevoli che a San Vincenzo si è già costruito il 30-40% in più di quanto le spiagge, le strade, i servizi essenziali e le strutture cittadine e i cittadini residenti possano sopportare, e che si sarebbe dovuto smettere già da molti anni. Ma siamo costretti a continuare perché la città è diffusa e finché non sarà compatta saremo obbligati (sia pure a malincuore) a continuare a costruire senza requie.

    Come vede, caro architetto Giommoni, siamo in piena farsa.

    Se lei o il sindaco o chiunque altro fosse interessato a conoscere come la pensano i sanvincenzini doc, vi consiglierei di mescolarvi (camuffati) fra la cinquantina di persone che tutta l'estate si mettono in coda prima delle otto fuori della Coop (unico momento in cui le presenze e le file alle casse non sono ancora disumane) e di registrare le conversazioni molto istruttive che vi si svolgono. Nessuno si lamenta perché vuole più seconde case o più alberghi. Si lamentano tutti per la requisizione delle spiagge libere, per il traffico, l'affollamento, il puzzo e il rumore notturno, per la Coop che apre solo alle otto, troppo tardi per chi lavora, e in genere per la sempre più mediocre qualità della vita nel periodo estivo. Provate (se avete coraggio) a convincere qualcuno della fila che con la "città compatta" la sua qualità di vita migliorerà.....

    Architetto Perplesso

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